sabato 25 giugno 2011

Mikael Kennedy - Interview


Quello che più mi affascina di Mikael Kennedy è il suo spirito libero, me lo sono immaginato più volte durante i suoi viaggi come un giovane Kerouac che brama esperienza, quella pura nel bene e nel male, quella che fa sentire vivi e ti appaga mentre la provi. Mikael questa sua realtà l’ha continuata a documentare nell’arco di un decennio attraverso le sue magiche Polaroid; scatti fermati di momenti irripetibili, di una vita trascorsa viaggiando, alla ricerca di tutto e niente se non il rendere la propria esistenza straordinaria come una barca che anela il mare ma non lo teme.

Sono circa più di dieci anni che documenti la tua vita attraverso le Polaroid, mi racconti come è iniziato il tutto?

Ho trovato una SX70 in un robivecchi durante il ritorno da un viaggio, ricordo che ho visto questa bellissima macchina fotografica, e l’ho presa. Non ne sapevo molto ma col tempo è diventata un’ossessione. In quel periodo vivevo in Massachussetts, cominciai a
costruire una griglia di Polaroid sul muro di camera mia, continuando ad aggiungerne. Non c’era nessuna premeditazione, così come capitava, continuavo anche a fotografare la mia cara amica Mandy Lamb (www.1977.lamb.com), abbiamo viaggiato molto insieme e nello stesso periodo anche lei ha iniziato a fare fotografie con la Polaroid. Ho vagato per tutta la nazione, vivendo in diversa città, accampandomi sul divano di amici, vivendo in ripostigli come un vagabondo, con solo lo zaino. Mi sono trasferito in Serbia per un breve periodo e poi sono andato a Brooklyn, che negli ultimi cinque anni è diventata la mia base. Ad un certo punto mi sono accorto che avevo sempre la macchina fotografica in mano.

Credo che tu non stia semplicemente documentando la tua vita attraverso le tue Polaroid, non è solo un semplice reportage c’è ben altro: sentimenti, idee e storie che tu probabilmente hai già in mente. Sbaglio?

C’è una citazione di Carl Jung a cui penso spesso: “Non importa se la storia che racconto sia vera o non, quello che importa è se la storia è la mia verità”. Mi piace quest’idea. Non m’interessa l’arte che non ha una propria anima. Ci sono delle persone che mi scrivono e mi dicono che osservando le mie Polaroid si sentono nostalgici per una vita che non è la loro. Negli ultimi anni mi sento come se fossi dentro e fuori del controllo della storia, a volte la conduco da qualche parte intenzionalmente, altre la rincorro costantemente, cercando di capire cosa sta accadendo. In questo momento il mio blog sta lavorando, come la mia ombra, è solo un paio di settimane dietro di me. Cerca sempre di restare aggiornato. Forse in questi giorni ho il controllo.

In questi dieci anni vedi cambiato il tuo modo di fare fotografia? È diventato sempre più istintivo o impulsivo? Vedi qualcosa che coglie la tua attenzione e la fotografi oppure vai in giro a cercare qualcosa in particolare?
La risposta più semplice che posso dare è che si tratta della mia vita, niente più di questa, se non il fatto che cerco di renderla il più interessante possibile. La maggior parte delle foto che faccio accadono mentre sono in giro a fare un a passeggiata. Vedo qualcosa che colpisce il mio sguardo ed è fatta, con le Polaroid non ho regole, non so ciò che apparirà o non nella fotografia. Mi limito a catturare ciò che attira la mia attenzione, a volte è solo il fatto di come la luce colpisce certe cose, o di come percepisco i miei amici. Direi che sono sempre in giro alla ricerca di qualcosa, ma di che cosa si tratti non lo so, forse di una qualsivoglia esperienza.

Hai pubblicato il settimo volume di questo tuo continuo lavoro, mi parli del legame che esiste tra questi libri e delle loro differenze?

I libri ed il blog hanno cominciato ad esistere circa a metà del corpo di lavoro. Ad un certo punto avevo scatole su scatole piene di fotografie e volevo farne qualcosa. Ho un amico che lavora da Kinko a Portland, Oregon, così gli ho mandato tutti i layout del primo libro e la notte li ha stampati mentre il suo capo non l’avrebbe visto. Poi me li ha spediti. Ho graffettato cinquanta copie del primo volume e sono partito dal lì. Il blog invece è iniziato un pochino prima, come ti dicevo stavo cercando un posto dove mettere tutte queste immagini, penso avessi bisogno di iniziare a dare un senso a ciò che stavo facendo. Ora circa una o due volte l’anno colleziono tutti i post del blog, faccio un editing e pubblico un nuovo libro, generalmente ogni libro racchiude sei mesi del mio cercare. Sono diventati delle visioni molto personali di ciò che è la mia vita e di quello che pensavo in quel momento. Il terzo volume è stato chiamato The Castle & The Kingdom perchè durante quel periodo della mia vita ero dentro e fuori New York City, che era un posto molto dark per me a quel tempo. Mi sentivo veramente diviso tra la città, in cui mi sentivo intrappolato, e la terra, in cui mi sentivo libero. Il settimo volume appena uscito è una piccola collezione d’immagini scattate con un particolare tipo di pellicola Polaroid, ne possedevo un misero quantitativo così ho fatto il maggior numero possibile di ritratti a persone che avevo già fotografato durante gli anni prima che finissero. Non so dirti come sarà l’ottavo volume, fino a quando non mi siederò cercando di dare un senso all’ultimo anno della mia vita. Funziona così.

Le tue Polaroid sono semplicemente belle, cosa rende magico per te questa fotografie?
Niente assomiglia ad una Polaroid. Ogni fotografia è un piccolo esempio di vita catturata in bordi bianchi. Per me è la più vera forma di fotografia, perchè ciò che vedi è ciò che è successo. Non c’è possibilità di manipolazione digitale, non c’è lo zoom, ogni fotografia scattata è lì in quel momento.

Quindi per il fatto che sono pezzi unici, dei piccoli pezzi d’arte e che non possano essere manipolati, credi abbiano un potere maggiore rispetto alle digitali?
Per me avere una fotografia che sia un pezzo unico è fondamentale, troppo del mondo moderno è riproducibile facilmente, le cose stanno perdendo il loro valore. Ogni Polaroid è un momento catturato che non esisterà mai più, soprattutto ora che alcuni tipi di pellicole non esisteranno più.

Mi piace molto la luce che c’è nelle tue foto, è come se tu fossi catturato dal momento in cui la luce colpisce direttamente qualcosa assumendo quest’aura evanescente.
Un giorno quando avevo circa tredici o quattordici anni ho scoperto che non sarei morto, ricordo che stavo andando a scuola e notai il modo in cui la luce colpiva le cose, tutto mi sembrava bellissimo. A volte la luce può avere diversi significati, ad esempio durante una conversazione con una persona gli s’illumina lo sguardo e io voglio coglierlo.

Ho letto da qualche parte che hai venduto il tuo sangue per avere dei soldi per comprarti le pellicole della Polaroid, confermi?

Sì. Fa parte del passato, è successo nel 2002 quando vivevo a Seattle, ci andavo circa due volte alla settimana. Ho smesso perchè un giorno tutto il mio braccio è diventato blu e nero, è stata una scena bizzarra.

Hai viaggiato moltissimo, possiamo ancora considerare vera la citazione di Kerouac che dice: “we had longer ways to go. But no matter, the road is life."?

Sono cresciuto con Kerouac. Sì. E adoro questa citazione. Una delle mie preferite è anche quella di Dharma Bums: “I see a vision of a great rucksack revolution, thousands or even million of young Americans wandering around”. Comincio a scalpitare se resto seduto a lungo.
T’immagino come un poeta che va in giro per il mondo ma anziché scrivere le sue poesie su carta le riversa su Polaroid. Come vedi te stesso?
Vedo me stesso più come un narratore di storie che per farlo usa qualsiasi mezzo a sua disposizione. Quella con le Polaroid è una storia molto lunga.

La cosa che mi piace di più nel viaggiare, è quando ti ritrovi in posti, situazioni o a fare cose a cui non avresti mai pensato, ti è mai successo?

olitamente non pianifico nulla quando viaggio, se non l’andare a far visita ad amici. Poi tutto quello che viene dopo è semplicemente meraviglioso sia che finiamo con l’andare a scalare una montagna sia che siamo al tavolo della cucina a sorseggiare un caffé. Per me ogni singolo momento è importante.

Cos’è che stai ancora cercando?

In realtà nulla, anche se suppongo tutto, esperienze buone e cattive. Ci sono stati dei momenti davvero tristi, in questi dieci anni, ed altri incredibilmente magnifici. Voglio vedere ogni cosa prima di morire. Ci sono una lista di Polaroid che vorrei scattare prima di finire tutte le pellicole; un tornado, una balena, i fulmini e cose di questo tipo.

Credi che smetterai mai di documentare la tua vita?

Credo che terminerò le pellicole molto presto, e dopo quel momento di nuovo non ho piani.

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