venerdì 22 agosto 2014

Lars Stephan - Interview




































Nelle foto di Lars Stephan generalmente vediamo luoghi meravigliosi e il suo corpo nudo in relazione ad essi. Lars utilizza la ritrattistica come metodo d’esplorazione della sua identità e del suo posizionamento nel contesto. Principalmente Lars è interessato al dialogo costante tra un aspetto del sé e l’ambiente circostante. Nei suoi scatti infatti fa sì che il personaggio interiore che ha deciso d’interpretare venga costantemente influenzato dagli aspetti e luoghi naturali in cui ha deciso di collocarsi e con il fine ultimo d’immortalare questi momenti.

Mi racconti del tuo background?
Sono cresciuto in Germania, ma ho sempre avuto la voglia di viaggiare e scoprire nuovi luoghi. Mia madre era ed è ancora una grande viaggiatrice così da bambini ha portato me e mio fratello gemello in giro per tutta l’Europa. Da adulto ho continuato a farlo, ho vissuto e trascorrere del tempo tra gli altri posti in Australia, Cile, Argentina, Francia, New York. Attualmente sto facendo un master in fotografia a Londra al LCC .

Quando hai capito che l’autoritratto fotografico sarebbe diventato il tuo modo d’esprimerti?
Scatto fotografie perché voglio cogliere qualcosa prima che svanisca definitivamente. È stato così fin da bambino. Disegnavo ma non ho mai avuto il coraggio di esprimere che ciò che volevo veramente scattare delle fotografie. Fotografarmi è uno sfogo. Lo faccio provando ad interpretare diversi personaggi, è molto terapeutico, ma non è l'unica cosa che fotografo, cerco di catturare momenti; soprattutto quando viaggio, è affascinante. Tutto è fresco, nuovo e mai visto prima, è molto stimolante, sia per i miei lavori artistici che per i miei reportage di viaggio.

Riesci a prendere distanza tra Lars il fotografo e Lars il modello, qual’è la sfida?
Io non mi vedo come un modello. Usare me stesso come un modello, ma non mi rivedo negli autoritratti. Non sono davvero io, sto solo dando vita ad un personaggio.

Come ti sei accorto di essere così a tuo agio da mostrarti nudo nei tuoi lavori?
In realtà non sono affatto sicuro. Posso solo farlo, a scopo artistico e soprattutto perchè sto interpretando un personaggio.

Apprezzo che molte delle tue foto siano senza tempo, potrebbero essere state scattate ieri o 10 anni fa ma questo non importa. Il rapporto che sei in grado di ottenere tra il corpo nudo e il luogo è particolare, come ti è venuta quest’idea?
È stato ed è un processo molto naturale, soprattutto nelle scelta paesaggistica, rimuovendo ogni riferimento alla civiltà. Prediligo l’atemporalità. Osservo il posto, trascorrere un po' di tempo lì, cerco di coglierne le sfumature e subito dopo inizio a scattare.

Credi che un corpo nudo sia più sexy o libero?
Credo che le parole giuste per descrivere il corpo nudo sia senza tempo.

Ma credo che tu ti diverta a fotografarti così, trasmetti un senso di libertà. Ho ragione?
Può essere molto liberatorio essere completamente nudo in un ambiente naturale, con nessuno in giro. Tuffarsi in mare, senza vestiti, senza che nessuno sia lì ad osservarti ( tranne forse il proprio partner) è una cosa meravigliosa, ma io ho un’immagine in mente che alla fine voglio offrire. Non c’è non una storia alle spalle. Inoltre ho paura che raccontando com’è andata nel momento in cui stavo scattando una foto possa rompere la magia della foto.

Che è un luogo o un paesaggio in cui ti vedi nudo e non sei ancora andato?
Non mi vedo nudo in un certo paesaggio. È più come reagisco ad un determinato paesaggio. In generale, tutti i paesaggi offrono la possibilità di fare una foto.

Alla fine la reazione però è quella di spogliarsi. Hai mai avuto paura di farti beccare e venire arrestato perché eri nudo all’aperto?
C’è il rischio, ma la mia esperienza dimostra che le persone non si aspettano di vedere un uomo nudo in certi luoghi, di conseguenza, non “lo vedono”.

Pensi alle reazioni degli spettatori quando ti scatti o non ci dai peso?
Non ho il pubblico in mente quando fotografo. Di solito sono ispirato da un luogo o un'idea che ho e che voglio tirare fuori dal mio corpo. Voglio produrre qualcosa perché mi emoziona. Il pubblico è secondario.

Pensi che qualcuno possa fraintendere il tuo lavoro ed etichettarlo come un eccesso di vanità? Ti darebbe noia?
Posso capire perché la gente potrebbe chiamarmi vanesio, ma i miei primi autoritratti sono nati dall’insicurezza e poi si è sviluppata in qualcosa d'altro. Non m’interessa quello che dice la gente o penso di me. Penso che come artista si debba solo fare quello che si devi fare. È parte del lavoro di un artista rendere visibili cose che altrimenti non si potrebbero vedere. Può essere una ricerca folle, e naturalmente, si riceverà critiche per questo, ma fa parte del gioco.

Hai un corpo super atletico quanto tempo trascorri nel mantenerlo così?
Mi piace essere in buona forma e avere un corpo funzionale. Voglio continuare in questo modo. Essere consapevoli del proprio corpo è una cosa che ho scoperto molto presto e credo che mantenere un corpo sano non sia davvero un gran lavoro.

Sei è stato un modello, quindi probabilmente conoscere tutti i nomi dei fotografi, a quale fotografo ti senti più vicino artisticamente?
Sono stato un modello solo per un breve periodo. Ho sempre desiderato scattare con fotografi dai grande nomi, che sapevano quello che stavano facendo, che avevano un’idea, un concetto, una visone corretta che va oltre alla foto di moda che diventa ridondante molto velocemente. Non ho un fotografo che ammiro, ci sono aspetti di un sacco di fotografi che ammiro tutti per motivi diversi. Solo per citarne alcuni citerei Cindy Sherman, Robert Frank, William Eggleston, Daido Moriyama, Bert Stern, Bill Brandt, Edward Weston, Dan Holdsworth, Richard Misrach e Darren Almond.







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